Anticipato dai singoli Ammorbidente e Le idi di marzo, DPCM è il frutto poliedrico del lockdown di Valerio Visconti, che a vent’anni, come molti altri, si è ritrovato da un momento all’altro chiuso in casa per mesi. E ne è uscito con – e forse anche grazie a – un disco che lo candida tra gli artisti più promettenti in circolazione.
Un album nato quasi per gioco, partendo dalle registrazioni che Visconti effettua in autonomia a casa sua, in Piemonte, e che poi maturano nei giorni in studio con Giulio Ragno Favero (Teatro degli Orrori), a cui viene affidata la produzione.
Il risultato è un disco urgente e sanguinolento che, scalciando nell’incertezza, cerca di raccontare le sensazioni di chi è troppo giovane per essere adulto e troppo grande per essere adolescente. Sette tracce interamente scritte, composte e suonate da Visconti che, versatile e intraprendente, ha imparato a suonare tutti gli strumenti che gli servivano per portare a termine le registrazioni, sbattendo in faccia all’ascoltatore come l’inesattezza possa in alcuni casi diventare un valore aggiunto, una priorità e un sintomo di ciò che ci circonda.